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Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino - Карло Коллоди (читать книги без сокращений .txt) 📗

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– Babbo mio, non posso – rispondeva il burattino piangendo.

– Perché non puoi?

– Perché mi hanno mangiato i piedi.

– E chi te li ha mangiati?

– Il gatto – disse Pinocchio, vedendo il gatto che colle zampe davanti si divertiva a far ballare alcuni trucioli di legno.

– Aprimi, ti dico! – ripetè Geppetto – se no, quando vengo in casa, il gatto te lo do io!

– Non posso star ritto, credetelo. Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare coi ginocchi per tutta la vita!..

Geppetto arrampicatosi su per il muro, entrò in casa dalla finestra.

Quando vide il suo Pinocchio sdraiato in terra e rimasto senza piedi davvero, allora sentì intenerirsi; e presolo subito in collo, si dette a baciarlo e a fargli mille moine, e gli disse singhiozzando:

– Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi?

– Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una notte d’inferno. Tonava, e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi disse: “Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti” e io gli dissi: “Bada, Grillo!..” e lui mi disse: “Tu sei un burattino e hai la testa di legno” e io gli tirai un manico di martello, e lui morì, ma la colpa fu sua, perché io non volevo ammazzarlo, prova ne sia che messi un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino scappò fuori e disse: “Arrivedella… e tanti saluti a casa.” E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino col berretto da notte, affacciandosi alla finestra mi disse: “Fatti sotto e para il cappello” e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? me ne tornai subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, messi i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più!

E il povero Pinocchio cominciò a piangere e a berciare.

Geppetto tirò fuori di tasca tre pere, e porgendogliele, disse:

– Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia [26].

– Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.

– Sbucciarle? – replicò Geppetto meravigliato. – Non avrei mai creduto, ragazzo mio, che tu fossi così schizzinoso di palato. Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a saper mangiar di tutto, perché non si sa mai quel che ci può capitare. I casi son tanti!..

– Voi direte bene – soggiunse Pinocchio – ma io non mangerò mai una frutta, che non sia sbucciata. Le bucce non le posso soffrire.

E quel buon uomo di Geppetto, cavato fuori un coltellino, e sbucciò le tre pere, e pose tutte le bucce sopra un angolo della tavola.

Quando Pinocchio in due bocconi ebbe mangiata la prima pera, fece l’atto di buttar via il torsolo: ma Geppetto gli trattenne il braccio, dicendogli:

– Non lo buttar via: tutto in questo mondo può far comodo [27].

– Ma io il torsolo non lo mangio davvero!.. – gridò il burattino.

– Chi lo sa! I casi son tanti!.. – ripetè Geppetto.

Fatto sta che i tre torsoli, invece di esser gettati fuori dalla finestra, vennero posati sull’angolo della tavola in compagnia delle bucce.

Mangiate le tre pere, Pinocchio fece un lunghissimo sbadiglio e disse:

– Ho dell’altra fame!

– Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.

– Proprio nulla, nulla?

– Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.

– Pazienza! [28] – disse Pinocchio, – se non c’è altro, mangerò una buccia.

E cominciò a masticare. Da principio storse un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, spolverò in un soffio [29] tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quand’ebbe finito di mangiare ogni cosa, si batté tutto contento le mani sul corpo, e disse gongolando:

– Ora sì che sto bene!

– Vedi dunque – osservò Geppetto – che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!!..

8. Geppetto rifece i piedi a Pinocchio, e vende la propria casacca per comprargli l’Abbecedario

Il burattino, appena che si fu levata la fame, cominciò subito a piangere, perché voleva un paio di piedi nuovi.

Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta, lo lasciò piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli disse:

– E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?

– Vi prometto – disse il burattino – che da oggi in poi [30] sarò buono…

– Tutti i ragazzi – replicò Geppetto – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

– Vi prometto che anderò a scuola, studierò e mi farò onore…

– Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.

– Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.

Geppetto che aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione nel vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole, non rispose altre parole: ma, presi in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si pose a lavorare di grandissimo impegno.

E in meno d’un’ora, i piedi erano fatti: due piedini svelti e asciutti.

Allora Geppetto disse al burattino:

– Chiudi gli occhi e dormi!

E Pinocchio chiuse gli occhi e fece finta di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla sciolta in un guscio d’uovo gli appiccicò i due piedi al loro posto, e glieli appiccicò così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.

Appena il burattino si accorse di avere i piedi, saltò giù dalla tavola dove stava disteso.

– Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me – disse Pinocchio al suo babbo – voglio subito andare a scuola.

– Bravo ragazzo.

– Ma per andare a scuola ho bisogno d’un po’ di vestito.

Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli fece allora un vestito di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berretto di midolla di pane.

Pinocchio corse subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e rimase così contento di sé, che disse:

– Paio proprio un signore!

– Davvero, – replicò Geppetto – ma non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.

– A proposito, – soggiunse il burattino – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa.

– Cioè?

– Mi manca l’Abbecedario.

– Hai ragione: ma come si fa per averlo?

– È facilissimo: si va da un libraio e si compra.

– E i quattrini?

– Io non ce l’ho.

– Nemmeno io – soggiunse il vecchio, facendosi tristo.

E Pinocchio si fece tristo anche lui: perché la miseria, la intendono tutti: anche i ragazzi.

– Pazienza! – gridò Geppetto rizzandosi in piedi; e infilatasi la vecchia casacca di frustagno, uscì correndo di casa.

Dopo poco tornò: e quando tornò, aveva in mano l’Abbecedario per il figliolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia [31], e fuori nevicava.

– E la casacca, babbo?

– L’ho venduta.

– Perché l’avete venduta?

– Perché mi faceva caldo.

Pinocchio capì questa risposta a volo [32], e non potendo frenare l’impeto del suo buon cuore, saltò al collo di Geppetto e cominciò a baciarlo per tutto il viso.

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